lunedì 11 ottobre 2010

Dal Wall al Web


Il tratto saliente del sistema politico, militare ed economico sorto alla fine del secondo conflitto mondiale e conclusosi alla fine degli anni Ottanta, comunemente chiamato sistema della Guerra Fredda, era la divisione e il simbolo per eccellenza di quel sistema era rappresentato da un’unica parola: muro.

Il sistema della globalizzazione, nato alla fine degli anni Ottanta, ha invece quale tratto distintivo l’integrazione ed è anch’esso comunemente rappresentato da un’unica parola: web, ossia la rete mondiale.

Prima di affrontare l’analisi dell’evoluzione dei sistemi di potere e dell’equilibrio che tra loro si stabilisce, definiamo in maniera inequivocabile cosa intendiamo con il termine globalizzazione, per evitare che l’ormai incontrollato uso, diffusione ed applicazione ad ogni contesto lo renda simile ad altro termini, che, per diffusione e abuso nell’uso sono stato a tal punto ridicolizzati da assomigliare più ad un mantra recitato che non ad una metodologia da seguire.

Negli anni Settanta questa sorte tocco in Italia al termine disarticolazione, a tal punto abusato da ritrovarlo in ogni rivendicazione e in tutte le analisi geopolitiche, sia che si parlasse delle poste di Sesto San Giovanni sia dell’impero delle multinazionali, sia dell’etica del mondo del lavoro sia della lotta di classe etc.

Il primo decennio del XXI secolo invece ha adottato quale preghiera scaccia crisi, capace di esorcizzare ogni male, i termini innovazione e ricerca, di cui tutti si riempiono la bocca al punto che in Italia non siamo più capaci di comprendere per quale motivo tutti coloro che la invocano la indicano agli altri quale percorso metodologico da battere e nessuno di coloro che la invoca la intraprenda seriamente; siano essi governi o grandi imprese, piccole e medie imprese o lavoratori.

Probabilmente la risposta al quesito sta nel fatto che innovazione e ricerca costano e qualcuno questi costi li deve pagare: tutti sono pronti a goderne interamente i benefici ma nessuno vuole addossarsi neanche parzialmente i costi. Ma torniamo alla definizione di globalizzazione che voleva fissare.

Personalmente condivido la definizione di “globalizzazione” coniata da Thomas L. Friedman, opinionista americano vincitore di tre premi Pulitzer e curatore di una rubrica bisettimanale sul The New York Times.

Le ragioni di questa predilezione tra le tante definizioni ugualmente valide e condivisibili risiede nell’aver da parte di Friedman individuato quale cuore del fenomeno “globalizzazione” la rete di relazioni e le relazioni attraverso la rete.

Alla luce di quanto affermato intenderò, in questo contributo che condivido, con il termine “globalizzazione” l’integrazione inesorabile e senza precedenti, di mercati, sistemi di trasporto e mezzi di comunicazione che permette alle imprese, alle nazioni ed ai singoli individui di raggiungere i luoghi più lontani con una rapidità, una profondità ed una economicità inusitate e contemporaneamente al mondo di raggiungere, con identica rapidità, profondità ed economicità, le imprese, le nazioni e i singoli individui dai luoghi più lontani.

Il sistema mondiale governato dalla guerra fredda ci dotava delle certezze che eravamo tutti divisi e che al timone si trovavano due persone: i presidenti degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Sovietica.

Nel sistema della globalizzazione internet ci assicura che siamo tutti collegati ma che nessuno governa la nave o tanto meno può tracciare la rotta senza rischio che qualcuno se ne accorga.

Tanto più la rete si diffonde, tanto maggiore diventa la reazione di coloro che da tale diffusione si sentono sopraffatti, si considerano omologati, oppure semplicemente si percepiscono incapaci di tenere il passo degli altri.

Quanto più questi individui vengono da noi emarginati, tanto maggiore sarà in loro la rabbia che monterà pronta a scatenarsi contro coloro che, seppur noti o appartenenti alla loro comunità, non riconosceranno più come simili ma temeranno come diversi, solo perché questi avranno iniziato a mutare, attraverso l’uso del web, le proprie categorie di pensiero, aprendosi a realtà concettualmente diverse e geograficamente distanti. - continua...

Giuseppe D’Urso, insegnante molto precario, da Catania.

4 commenti:

  1. decisamente non sono trooppo tecnologica.. non capisco di cosa stai parlando!!

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  2. non so che dirti fossero tutti questi i problemi legati al web

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  3. Non sono iscritta a Facebook , ma in quel che dici c' è del vero.

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  4. Internet si sa che è una completa forma d'informazione a disposizione di tutti

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