lunedì 2 agosto 2010

La stagione degli astanti

Il fine settimana, visto dalla informazione televisiva e dalla carta stampata, è apparso come punteggiato da bollini rossi o neri, a seconda del grado di pericolo che si voleva segnalare ai viaggiatori. Da lì tutta una serie di avvertimenti e consigli per partenze “intelligenti” snocciolati come i grani di un rosario e biascicati alla maniera di una litania.
Chiaramente le cifre non mancavano di sottolineare, a seconda del punto di vista che si voleva metter in risalto, l’ottimismo per i 22 milioni di italiani che si apprestano o sono già andati in vacanza e il pessimismo di chi rimarca che solo un italiano su tre si potrà quest’anno concedere una vacanza, breve o lunga che sia.
Non essendo personalmente affetto né da pessimismo cronico né avvezzo ai facili ottimismi, mi pongo ben altre domande di cui non ho trovato né traccia né, conseguentemente, riflessione critica.
Nessuno, inteso la stampa attenta, sembra prestar attenzione alle vere domande da porsi, alle vere questioni “intelligenti” su cui riflettere: chi sono coloro che non partono e cosa faranno?
I quesiti appena posti, in una società civile, riceverebbero almeno pari attenzione a quella prestata alle esigenze e ai bisogni di chi parte.
Il dato anagrafico di chi non parte e i modi con cui questi mancati vacanzieri impiegheranno questo tempo (in altre condizioni economiche impiegato in vacanze) è fondamentale per modulare la qualità e l’offerta dei servizi alla inopinata domanda supplementare che quest’anno si riverserà nelle nostre città.
Indipendentemente dal livello di qualità e di efficienza dei servizi offerti negli anni passati, senz’altro quest’anno gli stessi risulteranno insufficienti in grado e misura variabile al livello di sensibilità che le amministrazioni locali, gli esercenti di pubblici locali e le attività economiche avranno prestato al problema.
Difficilmente la scelta di non partire matura nelle ultime settimane, vero è semmai il contrario.
Analizzare per tempo questo dato, quello di coloro che non partono; sapere per tempo a quali fasce anagrafiche appartengono, a quali ceti sociali; avrebbe consentito di modulare sia i servizi sia l’offerta delle opportunità di impiego del tempo libero.
E’ palese che una popolazione di anziani necessita in misura maggiore di servizi rispetto ad una popolazione più giovane che rivolgerà alla città ben altre domande.
Le amministrazioni locali e gli esercenti invece sembrano ricalcare abitudini lontane ormai anni luce dalla realtà: quello delle città desolate nel mese di agosto, con negozi chiusi, riduzione delle corse dei mezzi pubblici, del personale nelle strutture ospedaliere, locali che rimandano i propri clienti e frequentatori al mese di settembre augurando buone ferie etc.
Poi magari per mesi i dipendenti sono stati logorati, a compenso chiaramente quasi immutato, con aperture full time, con chiusure alle ore 22, con aperture domenicali e festive, per offrire nuove e più vaste possibilità di acquisto alla clientela. Mentre le si negano a chi, non potendo partire, può cercare consolazione facendo acquisti, visitando mostre, frequentando locali, prendendo mezzi pubblici, vivendo insomma la città che, se non svuotata, sicuramente appare meno soffocata rispetto al periodo invernale.
Eppure basterebbe pensare a come, in caratteri cinesi, è scritta la parola “crisi”: due simboli di cui uno rappresenta il “pericolo” l’altra “l’opportunità”, quelle che ovviamente non siamo più in grado di cogliere.
Del resto, direbbe Cechov, “qualsiasi idiota può superare la crisi; è la vita quotidiana che invece ti logora”.
Consolatevi comunque o voi che restate! Neanche il Basso Sultano andrà quest’anno in vacanza.
Dopo aver invitato un anno fa gli aquilani ad andare in vacanza; dopo aver prestato la sua voce e il suo volto per invitare gli italiani ad “impiegare le proprie vacanze in Italia”; lui invece resterà, tapino, nella sua villa in Sardegna per dedicarsi al lavoro per il partito e per gli italiani.
Qualcuno dice, male lingue naturalmente, che il Basso Sultano porti sfiga, agli altri chiaramente.
Dicerie degli untori della sinistra. Non abbiamo dubbi in proposito.
Intanto “Il Ventaglio” ha finito di soffiare e a soffiarsi sono rimasti i dipendenti senza lavoro.

Giuseppe D’Urso, insegnante molto precario, da Catania

2 commenti:

  1. ciao! come vedi spono passata dal blog...complimenti, mi è piaciuto molto e dire che non sono molto facile di gusti, mi piace come scrivi. saluti a te al bellissimo vulcano

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  2. L'Istat ha certificato che sono partiti il 52% degli italiani e di questi il 17% è andato all'estero,non dice però quanti sono quelli che sono partiti per andare dai parenti che è si una vacanza ma,a basso costo.

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